Renzo Baschera

PROFEZIE SUL MONDO CHE SARA'

Gruppo editoriale Armenia 

 L'uomo sarà chiuso in un'invisibile gabbia dorata

Le Centurie dell’Abate Ladino

 

Non è facile tracciare una biografia dell' Abate Ladino, perché i dati certi che sono giunti fino a noi sono veramente pochi.

Di certo sappiamo che nel 1724 decise di rinunciare "ai piaceri della vita, per entrare in convento". Essendo nato nell’anno in cui morì Innocenzo XI, cioè nel 1689, aveva quindi trentacinque anni: un’età piuttosto avanzata - almeno per quei tempi - per iniziare una nuova vita.

Ma questo complesso personaggio - che in convento scelse il nome di padre Girolamo - non si lasciò scoraggiare. Nel giro di pochi anni completò gli studi e tanta era la stima che si era meritata, da essere eletto abate del convento.

La sua natura ascetica, il desiderio di solitudine e di contemplazione, lo portarono ben presto a rinunciare al ruolo di abate, per ritirarsi in un eremo nelle Alpi Dolomitiche, poco lontano dal Sassolungo.

Per diversi anni visse in preghiera, cibandosi di radici, erbe e frutti selvatici.

I confratelli che salivano all’eremo, rimanevano affascinati dall' atmosfera di profonda pace, di serenità, di gaudio che regnava attorno a padre Girolamo.

Ben presto s’iniziò a parlare di prodigi "che avvolgevano il Santo Eremita".

Ed è in questo tempo che il carisma della preveggenza affiora nell’umiltà dell’eremo. E l’Abate Ladino - così chiamato per essere nato in una piccola località del Trentino dove la maggioranza etnica era ladina - iniziò a scrivere le Centurie profetiche, che comprendono un tempo che va dal 1740 al 2240, corrispondente all’anno Seimila del calendario ebraico.

Alla morte del veggente - avvenuta nel 1763 - le sue Centurie profetiche vennero per molto tempo dimenticate in qualche biblioteca conventuale. E solamente nella seconda metà dell’Ottocento ritornarono alla luce.

Ma la censura del tempo fece sparire dalla circolazione i messaggi, perché "i contenuti potevano fomentare disordini". D’altra parte, il provvedimento era comprensibile, considerando che l’Abate Ladino profetizzava il collasso dell’impero austroungarico e l’Unità d’Italia.

Oggi, si stanno riscoprendo questi messaggi e, considerando i vaticinii esposti in rima, dove l’arcano s’intreccia con il mitologico, si potrebbe parlare di "Centurie del Nostradamus italiano". Nessuno è in grado di stabilire se l’Abate Ladino era a conoscenza delle Centurie di Michel Notre-Dame. Possiamo solamente dire che leggendo i messaggi profetici dell’Abate Ladino si prova la stessa emozione di quando si leggono le quartine profetiche di Nostradamus.

Qui di seguito, vengono considerate solamente le Centurie riguardanti "il tempo delle acque amare", che si riferisce presumibilmente al tempo che intercorre tra il 1950 e il 1995; e "il tempo della selvatica bufera", dal 1996 al 2140.

Ad ogni Centuria segue una breve interpretazione, al fine di orientare i lettori in questi affascinanti, magici messaggi.

 

Il tempo delle acque amare

Dalle Centurie profetiche dell’Abate Ladino

 

CENTURIA LX

Del drago ferrigno e della gabbia dorata

  1. Antica libertà violata, trova fioritura - nel tempo della decima fioritura.
  2. Nel suo nome sorgeranno castelli - monumenti, colonne , archi e bordelli.
  3. Tutto sarà sacro, se sarà bollato - da questo mostro consacrato.
  4. Libertà sarà quella di assecondare il perfido gioco - di predatori, convertiti al fuoco.
  5. L’uomo muoverà gambe e lingua beata, - ma sarà chiuso in una invisibile gabbia dorata.
  6. Perché il drago ferrigno, dai mille occhi, - registrerà ogni respiro, ogni passar di cocchi.
  7. E il serpente ferrigno tesserà la rete, - spogliando e spegnendo ogni sete.
  8. Torneranno le Etèrie dell’antica storia, - ma la gabbia dorata rimarrà a memoria.
  9. Il tuo nome? Non conta più. Sia l’uomo che l’animale, - avranno per nome un numerale.
  10. L’occhio invisibile del drago ferrigno - pesa sul mondo come un macigno.

11.   Ma il mondo è malato; tace - e s’inchina per un grano di pace.

12.   Così, nel tempo dell’Austro Leone, - il mondo sarà una magna prigione.

13.   Una Babele gigantesca, tra lampi e gabbie - dorate, tra illusioni e soffocate rabbie.

14.   Dispensator di morte sorridente, - padrino di scienziati senza mete.

15.   Il drago ferrigno sarà Erilo Trio, - dopo aver scatenato l’ira di Dio.

Dopo incertezze, violenze, dittature, il mondo si orienterà verso nuove forme di democrazia. Non è facile però stabilire, almeno oggi, che cosa il veggente volesse intendere per "decima mietitura".

L’entusiasmo porterà a costruire opere positive (castelli, monumenti), tra le quali affioreranno però molte opere negative (bordelli).

Sembra di scorgere nel vaticinio la nascita di una nuova forma di dittatura, di schiavitù. La schiavitù, forse, dell’alta tecnologia.

La "gabbia dorata" potrebbe riguardare il codice fiscale, l’uomo ridotto a un numero, sempre controllato e sempre depredato.

L’alta tecnologia (il drago ferrigno), finirà per registrare ogni sospiro.

L’uomo avrà pertanto l’impressione di essere libero, mentre sarà più schiavo di quando era proibito parlare di libertà e di democrazia.

Il "serpente ferrigno" (sempre l’alta tecnologia) finirà per spegnere ogni entusiasmo. E questo avverrà nel momento in cui l’uomo capirà di essere solamente "un numero, nell’oceano dei numeri".

Sorgeranno così "società segrete" (le Etèrie greche), allo scopo di difendere la dignità umana.

L’uomo dovrà difendersi da chi avrebbe dovuto difenderlo. Su questa strada, finirà per instaurarsi un regime di sfiducia e di terrore. Così, in tutti i Paesi industrializzati.

Nel tempo dell’Austro Leone (forse il predominio della Gran Bretagna e della Germania sull’Europa) il mondo sarà diventato una prigione. Ma la prigione sarà invisibile.

Su questa strada sarà ricostruita la Babele di un tempo. Si arriverà cioè alla confusione generale, al caos. E sarà il fallimento della scienza, che aveva considerato il problema solamente da una angolatura.

Poi si arriverà alla reazione. E sarà una reazione drammatica: Erilio, re di Preneste, dovette essere ucciso tre volte. Perché aveva tre anime (malvagie).

 

 Centuria LXI

Del sole malato e della cocita landa

1.       Il carro di Helio lucente, - da levante muterà la gran corsa.

  1. L’auriga è la vecchia signora - -che stringe la morsa.
  2. Nubi, color del Pitone, - sanguineranno nel cielo malato:
  3. Frettolosi estati bucheranno l’inverno; - e la rosa si coglierà nel tempo nevato.
  4. Lasciate Carmenta alla nera parola, - perché qui la terra appare dannata.
  5. Oh Madre! Vedova dell’alloro - e dell' appassita foglia condannata.
  6. Fuoco e ghiaccio segneran la strada - alla quirina gente:
  7. Nel tempo del sole malato - avrete il cerusico perdente.
  8. E la tenera vita trafitta - soccombe per bocca silente.
  9. Ricca di pane la penata casa, - ma dolorante e per velen morente.
  10. Selenia, sul carro malato, - si fonde nel sangue Pitano.
  11. Il mondo appare dorato - ma sotto la crosta è solo pantano.
  12. Un pantano di sangue marcito, - che si copre con verbo lontano.
  13. Sotto un cielo così vomitato, - rovinosa sarà la valanga.
  14. E una sola sarà la stagione, - nella cocita landa.

Ci saranno grandi mutamenti nel cielo: Helios, dio del sole, finirà "per mutare la sua corsa". E questo finirà per "fare stringere la morsa" alla "vecchia signora", la morte.

Il veggente ci descrive "una malattia del sole". E la prima fase di questa "malattia" potrebbe essere già in atto. Potrebbe cioè riguardare l’inquinamento atmosferico e le lesioni riportate dalle fasce di ozono.

Le nubi ricordano il Pitone: drago favoloso di smisurata grandezza che, secondo la mitologia, custodiva l’oracolo di Delfo.

Tutto sarà sconvolto. L’inverno vedrà fiorire le rose e l’estate scapperà frettolosamente, per ricomparire in un tempo che non sarà "il suo". Insomma, avremo "grande confusione nei cieli" e grande confusione sulla terra.

E sarà inutile interrogare Carmenta, la sibilla, perché ogni uomo di buon senso (capace ancora di vedere e di sentire) si renderà conto che staranno maturando grandi cambiamenti.

E questo finirà per portare grande sofferenza tra gli uomini, gli animali e le piante. Il veggente, rivolgendosi alla Madre Terra, la definisce "vedova dell’alloro" quasi a voler indicare la "sofferenza di ogni espressione di vita".

La delicata primavera e il dolce autunno rimarranno nella leggenda, perché rimarrà solamente il fuoco dell’estate e il ghiaccio dell’inverno.

E questo finirà per provocare malattie, che la medicina ufficiale non saprà curare. Il "cerusico" (chirurgo) sarà perdente.

Ci troviamo davanti a una "bocca silente".

Nella casa dei padri (i Penati), non mancherà il pane. Continua pertanto "il benessere". Ma una impalpabile nube velenosa finirà per avvolgere tutto, trasformando il pane in veleno.

Il mondo "appare dorato". Ma se scaviamo un po’ troveremo il pantano: "un pantano di sangue marcito".

La "valanga" conclude il veggente, sarà "rovinosa". E qui, per "valanga" si potrebbero intendere le malattie provocate dal sole malato, perché "una sola sarà la stagione", in quella terra che il veggente chiama "cocita landa". E nella pianura di Cocito, il fiume dell’Averno, non si conoscevano che pianti e lamenti.

Continua………