Tratto integralmente da "Chi" numero 49 - 6 Dicembre 2000

La suora che vedeva il futuro

La straordinaria storia di suor Filippina che nel 1454 ebbe le premonizioni su Fatima e i Savoia: entrò in convento, cambiando il cognome, per pregare per il padre, Filippo II Savoia Acaia, fatto annegare dalla matrigna ma salvato da un miracolo

RENZO ALLEGRI

ALBA (CUNEO) - NOVEMBRE

Ultima puntata

Quanto abbiamo raccontato la settimana scorsa, e cioè che le apparizioni della Madonna avvenute a Fatima nel 1917 erano state predette da una suora domenicana fin dal 1454 (vedi "Chi" n. 48), ha suscitato vivissimo stupore. E ancor più stupore hanno suscitato i documenti antichi che abbiamo pubblicato e che sono una prova di quella lontana profezia.

Fino a un anno fa, nessuno conosceva l’esistenza di quei documenti. Sono stati ritrovati nell’archivio del monastero delle suore di clausura domenicane, fondato nel 1445 dalla beata Margherita di Savoia ad Alba, in provincia di Cuneo. Li ha trovati madre Agostina, priora della comunità religiosa. Essi raccontano che una suora di quel monastero, di nome Filippina de’ Storgi, la sera del 16 ottobre 1454 stava morendo e intorno a lei si erano radunate le consorelle, il padre confessore e la madre abbadessa. suor Filippina, che era una santa, andò in estasi e cominciò a "descrivere" eventi futuri che lei vedeva e che si sarebbero realizzati molti e molti anni dopo. Parlò delle apparizioni della Madonna di Fatima, come abbiamo riferito nel numero scorso, e poiché la madre abbadessa, lì presente di fronte a lei, era Margherita di Savoia ex principessa del Piemonte, ex marchesa del Monferrato e fondatrice di quel monastero, svelò anche tutta una serie di eventi riguardanti Casa Savoia. che sarebbero accaduti nel secolo delle apparizioni della Madonna a Fatima.

Come abbiamo già detto, i documenti trovati sono stati scritti in tre tempi diversi: uno nel 1640, un secondo nel 1665 e un terzo nel 1923, ma questo riassume una serie di "trasmissioni orali segrete" iniziate nel 1855.

Questa ultima parte è la più copiosa. E stata raccolta nel 1923 da suor Lucia Mantello, che non conosceva affatto l’esistenza degli altri due documenti precedenti. Come racconta, suor Lucia ebbe le confidenze di madre Stefana Mattei, che era allora priora del monastero di Alba, la quale a sua volta aveva avuto quelle notizie, sempre in segreto, dalla madre abbadessa che l’aveva preceduta, risalendo così fino al 1855, quando di quel monastero era priora madre Benedetta Deogratias Ghibellini. Questa monaca aveva avuto le rivelazioni da "un’anima santa", come dice il documento di suor Lucia, senza specificare di più. Le confidenze dovevano essere tramandate verbalmente con l’obbligo di tenerle segrete fino a quando non si sarebbero compiuti i fatti in esse annunciati.

Lucia Mantello ha tenuto fede alla promessa fatta. Ma dopo la seconda guerra mondiale, quando si erano verificati i fatti riguardanti Casa Savoia, contenuti in quelle confidenze, e in particolare, come lei stessa scrive, "l’assassinio di Umberto I, l’esilio di Umberto II, la morte di Mafalda di Savoia", ha deciso di raccontare in un libro quanto aveva saputo. Il volume, dal titolo Margherita di Savoia Acaia sul trono di Cristo, pubblicato a Napoli nel 1954, benché avesse la prefazione del vescovo di Alessandria, monsignor Giuseppe Pietro Gagnor, non trovò credito, Venne giudicato un romanzo, perché era impossibile ritenere che nel 1454 fossero state predette tutte quelle vicende, che poi si erano puntualmente realizzate. Ma, oggi, la scoperta dei nuovi documenti, che abbiamo reso di dominio pubblico su "Chi", dimostrano che quelle vicende erano state realmente predette nel 1454 e che quindi anche Lucia Mantello non ha lavorato di fantasia nello scrivere il suo libro.

Ma perché solo nel 1640 le suore domenicane decisero di mettere per iscritto ciò che era accaduto duecento anni prima? Eccoci quindi a raccontare la seconda parte di quella lontana e incredibile storia, legata a Casa Savoia, che implica risvolti drammatici con orribili vendette e delitti compiuti per interesse, e anche "miracoli" mai prima svelati.

Al termine di quell’estasi del 16 ottobre 1454, suor Filippina de’ Storgi morì. Nei giorni successivi la sue consorelle scrissero nella "Cronaca" del monastero quanto era accaduto. Ma raccontarono anche la vera storia di Filippina de’ Storgi, di cui erano venute a conoscenza solo mentre lei stava morendo.

Il padre di suor Filippina era Filippo II Savoia Acaia, figlio primogenito del conte Giacomo di Savoia, principe e signore del Piemonte, vissuto dal 1315 al 1368. Giacomo si era sposato tre volte. La prima moglie, la principessa Beatrice di Ferrara, era morta pochi mesi dopo le nozze; la seconda, Sibilla del Balzo, figlia di Bertrando, signore di Corteson, gli aveva dato un figlio, Filippo II, e poi era morta anche lei molto giovane.

Giacomo non aveva intenzione di risposarsi e si era dedicato con amore all’educazione del figlio Filippo, che avrebbe dovuto succedergli nel principato del Piemonte. Ma quando era ormai anziano fu costretto. per ragioni politiche, a un terzo matrimonio. Il re di Francia gli fece sapere che gli avrebbe tolto la signoria del Piemonte se non avesse sposato Margherita di Beaujeu. sua protetta. il giovane Filippo Il si oppose con tutte le sue forze a quel matrimonio, ma Giacomo, temendo di perdere le sue terre, acconsentì. Margherita Beaujeu aveva soltanto 16 anni. Era bella e ambiziosa. Si ritenne offesa dall’ostilità di Filippo e giurò di vendicarsi.

Margherita diede a Giacomo due figli: Amedeo e Ludovico. Rimasta vedova nel 1367, ricorse all’aiuto del re di Francia per ottenere che il proprio primogenito, Amedeo, fosse dichiarato legittimo successore del marito al posto di Filippo II, e il re di Francia la accontentò.

Filippo, privato dei suoi diritti, si ribellò. Assoldo dei mercenari e scatenò una guerra. ma venne sconfitto. Fu condannato per alto tradimento e rinchiuso nel le prigioni di Avigliana. Margherita non si accontentò di aver ottenuto ciò che voleva per il suo figlioletto Amedeo. ma. assetata di sangue, volle la morte di Filippo e lo fece annegare nel dicembre del 1368. Filippo aveva 24 anni, era sposato con Ludovica di Villars e da pochi mesi era diventato padre di una bambina, che aveva chiamato Umberta. Ma la spietata Margherita non si era fermata neppure di fronte al fatto che il figliastro avrebbe lasciato orfana quella bambina.

Ed è qui che i documenti ritrovati riportano fatti inediti della storia di Casa Savoia. Secondo i due documenti del 1600, infatti, Filippo II sarebbe sopravvissuto a quell’annegamento grazie a un intervento miracoloso.

Nel documento scritto nel 1640 si dice che Filippo fu "estratto prodigiosamente dall’acqua, dove stava annegando, dal beato Umberto di Savoia", suo antenato, di cui Filippo era molto devoto, tanto da portare sempre al collo una medaglia con la sua effigie. Messo in salvo, continuò a vivere sotto il falso nome di Goffredo del Balzo, pellegrinando per la Francia, la Spagna, il Portogallo, dove andò a visitare la chiesa costruita dalla sua antenata Mafalda, prima regina del Portogallo in una "località chiamata Fatima". Poi rientrò in Italia, andò a Pinerolo e si presentò a Margherita di Savoia, di cui era zio, essendo fratellastro di suo padre Amedeo, rivelandole la propria identità e raccontandole la funambolesca storia di errabondo che aveva vissuto. Alla fine le aveva consegnato la medaglia del beato Umberto, che aveva al collo quando era stato annegato, e raccomandandole di darla alla propria figlia Umberta, di cui non aveva notizie.

Durante quella stessa notte, Filippo era morto. Margherita di Savoia aveva tenuto la medaglia sperando sempre di incontrare la propria cugina, Ludovica di Villars, moglie di Filippo II, per fargliene dono. Ma Ludovica, madre di Umberta, dopo la scomparsa del marito, per sfuggire alle ire di Margherita di Beaujeu era fuggita e aveva cambiato nome alla figlia. Diventata adulta, Umberta aveva voluto entrare in un convento per pregare per la salvezza del padre, che credeva morto, ed era diventata suor Filippina de’ Storgi. Viveva nel monastero di Santa Caterina di Alessandria, proprio ad Alba, e godeva di fama di santità. Per questo, Margherita di Savoia, dopo aver fondato il proprio monastero in quella stessa città, aveva chiesto al Papa che suor Filippina diventasse la guida delle proprie suore. Così le due cugine si erano trovate a vivere insieme, nello stesso monastero, ma suor Filippina non aveva palesato a Margherita la propria identità. Lo fece solo in quella notte del 1 6 ottobre 1454, quando stava morendo, ed ebbe la visione dei fatti che qui abbiamo narrato. Le due cugine si abbracciarono piangendo, e suor Filippina spirò tra le braccia dell’amata cugina.

Tutto questo era stato subito scritto nelle cronache del monastero di Alba, perché i posteri conoscessero la verità di fatti che allora non si potevano raccontare e perché si potesse un giorno constatare se le "profezie" fatte da suor Filippina morente si fossero verificate.

Margherita di Savoia, fondatrice del monastero di Alba, visse altri dieci anni e morì in concetto di santità. Era talmente eccelsa la stima che si aveva di lei, che veniva chiamata "Margherita la Grande". Tutti la veneravano come santa, ma bisognava anche ottenere che il Vaticano la proclamasse tale. A questo scopo si adoperò in modo particolare, nel 1600, Margherita di Savoia, figlia di Carlo Emanuele I, duchessa di Mantova e del Monferrato e viceregina del Portogallo. Per far conoscere l’esistenza santa della sua antenata incaricò padre Giacinto Baresio di scriveme un’ampia e documentata biografia. Questi si servì delle antiche cronache del monastero, dove però erano registrati anche i fatti riguardanti Filippo Il sopra narrati. Ma alla duchessa di Mantova quelle cose non piacquero e diede ordine di distruggere i libri che le contenevano. Le suore non poterono opporsi. Ma, nel corso di una riunione, decisero che fosse giusto tramandare ugualmente ai posteri i fatti accaduti, per cui riscrissero quanto ricordavano a memoria nei due documenti ora ritrovati, quello del 1640 e quello del 1665, aggiungendo la ragione per cui le antiche cronache erano state distrutte. Temendo tuttavia che anche queste nuove note manoscritte potessero sparire, tramandarono a voce l’accaduto.

In seguito, il monastero fu chiuso due volte. I documenti scritti non si sapeva che fine avessero fatto. Ma la storia delle profezie di suor Filippina e della vicenda di suo padre, Filippo II, continuò a venire tramandata a voce.

Come abbiamo già detto, nel 1855 si arricchì di nuovi particolari attraverso le rivelazioni di una suora carismatica, rimasta sconosciuta. L’abbadessa di allora, madre Benedetta Deogratias Ghibellini, trasmise quelle rivelazioni alla madre priora che venne eletta dopo di lei, con l’ordine di fare altrettanto quando sarebbe stata sostituita. E così questo "filone" di notizie arrivò a suor Lucia Mantello che ne fece una memoria scritta nei 1923 e poi un ampio libro. Ora, mettendo a confronto i documenti del 1600, trovati da madre Agostina, e le memorie raccolte da suor Lucia Mantello, si riscontra che raccontano le stesse vicende. Quindi, per quanto possano sembrare razionalmente impossibili le "profezie" fatte da suor Filippina la notte dei 16 ottobre 1454, esse conservano un inquietante e sconcertante valore.

Renzo Allegri

2 - Fine