R. BASCHERA - Armenia

 

Le rivelazioni di Gesù al pontefice sul futuro dell'umanità

 

LE PROFEZIE DI PIO XII

 

 

Una valanga di dolore

 

 

/ TEDESCHI INVADERANNO L'ITALIA

«Non illudiamoci... i tedeschi finiranno per inva­dere l'Italia e gli italiani si combatteranno fra di lo­ro, seminando ulteriori sofferenze e morte».

 

Nella primavera del 1943 monsignor Maglione sottolineava al Pontefice il suo punto di vista per «dipanare l'intricata ma­tassa politico-militare-istituzionale nella quale l'Italia si era im­pigliata».

«Arrivati a questo punto», dichiarava il presule «è necessario che l'Italia esca dal conflitto. Ed è necessario fare capire a Mussolini che è arrivata l'ora di andarsene».

Ma quali erano le condizioni di pace che gli americani inten­devano porre all'Italia? L'ambasciatore Myron Taylor aveva già dato una risposta a questo interrogativo: abbattimento del fasci­smo, formazione di un governo militare, occupazione militare del Paese.

Teoricamente sembra un piano attuabile: «L'unico piano pos­sibile per evitare le reazioni tedesche».

Ma Pio XII aveva il dono carismatico «di vedere al di là del presente». «Non illudiamoci», disse un giorno «perché un'azio­ne del genere spaccherebbe l'Italia in due, aumentando le soffe­renze e i lutti... L'Italia verrebbe invasa dai tedeschi e gli italia­ni finirebbero per combattersi fra di loro».

«Ci sarebbe però la garanzia degli Alleati», precisò monsi­gnor Maglione.

«Non basterebbe», aggiunse il Pontefice.

Gli eventi storici confermarono in seguito «la giusta visione» del Pontefice.

Dopo la destituzione di Mussolini, i tedeschi invasero l'Ita­lia. Venne costituita la Repubblica Sociale Italiana e, purtroppo, gli italiani finirono per combattersi fra di loro, seminando sof­ferenze e lutti.

Come aveva profetizzato il Pontefice.

 

 

Non faranno in tempo a realizzare i loro piani

«Conosco i piani di Hitler per il Vaticano... Ma non sono preoccupato perché non faranno in tempo a realizzarli»

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In Vaticano giunsero precise notizie di un piano escogitato da Hitler «per isolare il Vaticano e trasferire il Pontefice a Wartburg, nell'Alta Slesia, o nel Liechtenstein». Ma Pio XII non si preoccupò.

«Io non lascio Roma per nessun motivo», disse «e non è co­munque il caso di preoccuparsi, perché la Germania nazista non farà in tempo a realizzare questo irresponsabile piano».

La «chiara convinzione» del Pontefice non impedì però alla Segreteria di Stato di preparare un contropiano, che sarebbe scattato nel momento in cui il Pontefice si sarebbe trovato in pericolo.

Il progetto venne affidato all'ingegner Enrico Galeazzi.

Nella prima fase, prevedeva un provvisorio rifugio del Ponte­fice in un palazzo sulla costa di San Felice Circeo. Qui sarebbe stato imbarcato su una nave spagnola che l'avrebbe portato nella penisola iberica, affidandolo alla protezione di Francisco Franco.

Pio XII, quando venne a conoscenza di questo progetto, rin­graziò per «le premure rivolte alla sua persona», e poi sorrise: «Non è il caso di progettare operazioni di questo genere», disse «perché potranno fantasticare su tutti i piani che vogliono... ma non faranno in tempo a realizzarli».

E fu proprio così. Hitler, che aveva impartito gli ordini «per li­quidare il Vaticano», decise di soprassedere «per qualche tempo».

Alla Germania nazista, come aveva profetizzato il Pontefice, mancava ormai il tempo materiale per concretizzare un piano che, in seguito sarà definito da tutti gli storici «irresponsabile».

 

 

Lasceranno Roma nel giorno dell'ira

«Gli uomini politici non lasceranno Roma... se non nel giorno dell'ira».

 

Da poche settimane l'Italia era entrata in guerra quando, una notte, alcuni aerei inglesi sorvolarono Roma, lanciando manife­stini.

Il cardinale Maglione protestò subito con Churchill, attraver­so il delegato apostolico a Londra.

C'era il pericolo che anche Roma venisse bombardata. E sembra che gli USA avessero consigliato il Pontefice di trasfe­rire altrove la Sede Pontificia. L'Osservatore Romano  precisava però che «Pio XII non avrebbe per nessun motivo lasciato Ro­ma».

L'arcivescovo di New York, Spellman, aveva anche prospet­tato l'opportunità che il Pontefice si rifugiasse per qualche tem­po in Brasile.

Ma tutti i tentativi per convincere il Pontefice a lasciare Ro­ma si manifestarono inutili. Allora, il cardinale Maglione avviò una serie di iniziative diplomatiche nel tentativo di convincere il governo italiano ad allontanarsi dalla capitale «per non offrire appiglio al nemico».

All'inizio sembrava possibile l'allontanamento, almeno dei comandi militari. E dell'iniziativa venne portato a conoscenza il Pontefice che si limitò a una breve considerazione: «Gli uo­mini politici italiani non lasceranno Roma... se non nel giorno dell'ira».

In queste parole c'è, forse, la premonizione sulla caduta del fascismo. C'è la premonizione sull'«ira popolare» che nel lu­glio 1943 portò spesso a violenze inaudite.

E nel «giorno dell'ira», c'è forse anche la «visione» dell'ar­resto di Mussolini, della costituzione della Repubblica Sociale Italiana e del crollo definitivo.

 

 

LO SFRUTTAMENTO DEL BISOGNO E DELLA MISERIA CONTINUERANNO

«Cesserà la guerra, passerà il dopoguerra, ma lo sfruttamento della miseria e del bisogno continue­ranno...».

 

Più volte il Pontefice, soprattutto negli ultimi anni della guerra, condannò gli sfruttatori del bisogno e della miseria.

Sentiamo a questo proposito alcuni passi di radiomessaggi e discorsi: «Guardatevene, romani... Essi (cioè gli sfruttatori, gli operatori del mercato nero) sono macchiati di sangue; del san­gue delle vedove e degli orfani; del sangue dei fanciulli e degli adolescenti, ritardati nel loro sviluppo per denutrizione e per fa­me; del sangue di mille e mille sventurati di tutte le classi del popolo; di cui con il loro ignobile mercato si sono fatti carnefi­ci. Questo sangue, come quello di Abele, grida al cielo contro i nuovi Caini».

E ancora: «Lo sfruttamento del bisogno e della miseria è un peccato grave, che la Chiesa deve combattere... Ma, purtroppo, le radici di questo peccato sono molto profonde... Cesserà la guerra, passerà il dopoguerra, ma lo sfruttamento continuerà, seppur in forma diversa».

In altre parole, arriva la pace, arriva il «benessere», arriva la libertà, ma non la giustizia. Perché gli uomini continueranno a rimanere su fronti opposti, quello degli sfruttati e quello degli sfruttatori.

E la Chiesa riuscirà a fare ben poco, per portare un aiuto con­creto ai più deboli, cioè alle vittime del bisogno e della miseria.

In queste parole, sembra di scorgere la squallida realtà del­l'usura: una piaga emersa in questi ultimi tempi, con tutta la sua drammaticità. Una piaga che ha portato alla disperazione molte famiglie e che ha finito anche per seminare la morte.

Caino continua pertanto a uccidere Abele.