R. BASCHERA - Armenia

 

Le rivelazioni di Gesù al pontefice sul futuro dell'umanità

 

LE PROFEZIE DI PIO XII

 

 

Errando va la pace.

 

ABBIAMO INIZIATO LA SEMINA, POI VERRANNO I FRUTTI

«Nel Paese che ha negato Dio, risorgerà la fede, per vivificare il mondo intero... ».

 

Il 29 marzo 1926, monsignor Eugenio Pacelli, Nunzio Apo­stolico a Berlino, conferiva la mitra vescovile a padre Michel d'Herbigny, un gesuita francese che sarebbe stato incaricato di recarsi in Russia per consacrare segretamente diversi sacerdoti e anche alcuni vescovi.

Padre d'Herbigny portò a termine la delicata missione nel gi­ro di sei settimane. E monsignor Pacelli si congratulò con il presule.

In quell'occasione pronunciò anche parole dal contenuto pro­fetico: «Abbiamo iniziato la semina», disse, «poi verranno i frutti... la Chiesa sa attendere... è una madre premurosa, che non abbandona mai i suoi figli, soprattutto nel momento della sofferenza».

E ancora: «La sofferenza è un seme prezioso, che darà grandi frutti... Nel Paese che ha negato Dio, risorgerà la fede, per vivi­ficare il mondo intero».

Mentre monsignor Pacelli pronunciava questo messaggio profetico, Stalin denunciava la crociata clericale, guidata dal Papa - Pio XI -, contro l'Unione Sovietica. E, velatamente, metteva in guardia il Vaticano.

Monsignor Pacelli non si lasciò intimidire da queste minacce. «Continueremo a seminare la buona semente» disse «perché gli uomini passano, ma la Chiesa rimane...».

E le cose sono andate proprio così: Stalin è finito misera­mente nel 1953, ma la Chiesa è rimasta. E, dopo il crollo del­l'Unione Sovietica, sta risorgendo in tutta la sua grandezza.

Altri veggenti avevano profetizzato questa realtà. Un vatici­nio della prima metà del XVII secolo dice testualmente: «II nuovo fuoco che accenderà i cuori partirà dalla Madre Russia: qui morirà Gesù e qui risorgerà, trionfante di gloria...».

 

SARÀ UN MONDO VECCHIO VESTITO DI NUOVO

«... il mondo nuovo propagandato dal nazismo è in effetti un mondo vecchio, perché in sostanza è il mon­do della violenza; quella violenza che nei secoli ha scagliato il fratello contro il fratello».

 

In occasione della visita in Vaticano dell'ambasciatore tede­sco Diego von Bergen, per rendere omaggio alla salma di Pio XI, lo stato maggiore della Germania nazista fece giungere in Vaticano la sua voce.

Il rappresentante a Roma del terzo Reich disse testualmente: «La Germania sta gettando le basi di un mondo nuovo e le rovi­ne del passato dovranno completamente scomparire».

Il «mondo nuovo» era la politica della croce uncinata, men­tre il «mondo vecchio» era il trattato di Versailles.

Il cardinale Pacelli, riprendendo quelle parole, disse che si trattava di «un sottile inganno» perché il «mondo nuovo» non era altro che il «mondo vecchio», con tutte le sue violenze, con tutti i suoi inganni.

E aggiungeva: «È un mondo che ha scritto già all'origine la sua fine».

Sono parole che non si limitano a condannare la violenza  in esse c'è la scintilla profetica.

Proviamo a considerare il momento storico. Hitler viene chiamato al potere nel gennaio 1933. Ma solo con la morte di Hindenburg, avvenuta il 2 agosto 1934, il capo nazista diven­ne cancelliere del terzo Reich. È in questo momento che il programma nazista si concretizza, destando molteplici inte­ressi.

Ma il futuro Pio XII «nel germe dell'inizio vede la fine». E la fine coincide stranamente anche con le date. Hitler diventa cancelliere nel mese di agosto e sempre nel mese di agosto, di undici anni dopo, si conclude il necrologio della croce uncinata, con l'esplosione atomica di Hiroshima.

 

E UNA PAGINA DI STORIA CHE SI SCRIVERÀ CON IL SANGUE

«Non è con la divisione del popolo che si risolvo­no i problemi; anzi, le divisioni non fanno altro che complicarli... ».

 

Eisner Kurt, redattore del Vorwarts, dopo aver organizzato una serie di manifestazioni per fare risorgere in Germania le va­rie etnie, nel novembre 1918 proclamò la Repubblica Bavarese. E il popolo lo elesse presidente.

Furono giorni d'indescrivibile entusiasmo. Una cronaca del tempo dice a questo proposito che «... tutta la Baviera è in fe­sta». E in questa festa di popolo venne in qualche modo coin­volta anche la Chiesa.

Il Nunzio Pacelli cercava però di frenare gli entusiasmi per­ché «sentiva» che la Repubblica Bavarese avrebbe avuto un tempo breve.

«E una pagina di storia che si scriverà con il sangue», disse un giorno, dopo aver letto alcuni quotidiani.

E il vaticinio si avverò nel giro di un anno, perché la procla­mazione della Repubblica Bavarese finì per provocare aspre reazioni nei nazionalisti.

Si aprì allora una orrenda pagina di sangue, che finì nel 1919 con l'assassinio del presidente Eisner Kurt. Fu un fanatico mili­tante del partito patriottico bavarese a premere il grilletto, chiu­dendo così la breve storia della repubblica.

Il Nunzio Pacelli apprese la ferale notizia da alcuni sacerdoti che si trovavano nei paraggi del luogo dove venne consumato il crimine. «Purtroppo» disse il Nunzio Pacelli «temevo una con­clusione del genere, perché tutto quello che viene edificato con la violenza finirà, prima o poi, per essere distrutto dalla violen­za. ..». «Non è poi con la divisione del popolo che si risolvono i problemi; anzi, le divisioni non fanno altro che complicare i problemi».

Altre erano le soluzioni che si dovevano prendere per la rina­scita della Germania.

Ma il Nunzio Pacelli era poco ottimista, quasi come se presa­gisse l'avvento del nazismo, con le sue tragiche conseguenze.

 

QUANDO IL PONTEFICE SARÀ ITINERANTE

«Arriverà un giorno in cui il Pontefice sarà itine­rante... raggiungerà le terre più lontane e più abban­donate...».

 

La tradizione esigeva che il Segretario di Stato rimanesse co­stantemente a fianco del Pontefice. Ma quando il cardinale Pa­celli divenne Segretario di Stato, questa tradizione radicata nel tempo cambiò completamente.

Il cardinale Pacelli, dopo le sue esperienze di Nunzio Apo­stolico in Germania, era fermamente convinto dell'efficacia del «contatto diretto» con le persone che affrontavano i grandi pro­blemi della politica e con il popolo, con la gente, con i fedeli sparsi nel mondo, che mai avrebbero avuto la possibilità d'in­contrare il Pontefice.

Così, il cardinale Pacelli, avviò quella che negli ambienti va­ticani veniva chiamata «la rivoluzione itinerante».

Quale Delegato Pontificio, rappresentò il Pontefice in Fran­cia, in Brasile, negli Stati Uniti d'America. E in tante altre parti del mondo.

Pio XI aveva ben accolto «questo nuovo modo di gestire i rapporti con l'estero», anche alla luce degli ottimi risultati che si raccoglievano ovunque.

Rientrando dal Congresso Eucaristico Internazionale di Bue­nos Aires il cardinale Pacelli, che Pio XI chiamava bonariamen­te «l'oratore di Pentecoste», nell'entusiasmo del momento, dis­se che: «... arriverà un giorno nel quale il Pontefice sarà itine­rante, raggiungerà le terre più lontane e più abbandonate, incontrerà i fedeli e i capi di Stato... e questa semina finirà per da­re frutti abbondanti e preziosi».

E così è avvenuto, soprattutto per il pontificato di Giovanni Paolo II, durante il quale il Pontefice ha visitato, come aveva profetizzato Pio XII, «le terre più lontane e più abbandonate».

 

IL RAZZISMO NON MORIRÀ CON LA FINE DEL MILLENNIO

«La razza bianca si sentirà superiore..E questo finirà per portare l'umanità a uno stato di disagio, di conflitto permanente».

 

Un decreto del Santo Uffizio poneva all'indice, nel 1937, il libro Il razzismo di G. Cogni, dove si arrivava a conclusioni in­credibili: «... Vi sono razze nate per il comando e vi sono razze nate per servire». E non basta. «La prima razza eletta è quella ariana, poi c'è quella romana...».

Sono aberrazioni neo-pagane che venivano insegnate in Ger­mania dai vari Rosenberg.

Il cardinale Pacelli caldeggiò l'intervento del Santo Uffizio per condannare simili aberrazioni e pronunciò, in quel tempo, alcune frasi che andrebbero, soprattutto oggi, meditate: «... Il razzismo è da condannare, senza alcuna riserva. Non ci sono di­fatti razze destinate a comandare e razze destinate a servire... Ma questa aberrazione non si stroncherà facilmente, perché quando sarà tramontato il mito della superiorità della razza ariana, sorgeranno altri miti... La razza bianca si sentirà supe­riore e questo finirà per creare uno stato di disagio, di conflitto permanente».

Soprattutto l'Europa si è già avviata su questa strada. E le conseguenze, spesso tragiche, si stanno già vedendo.

Le cronache di tutti i giorni riportano episodi d'intolleranza razziale, che finiranno per creare, come aveva previsto il futuro Pio XII, «gravi problemi nei rapporti internazionali».

E non va sottovalutato «il rigurgito delle dottrine di superio­rità della razza ariana», che trovano, soprattutto nell'Europa centrale, un seguito tra i giovani.

Ci troviamo dinanzi a una «impressionante realtà», che il cardinale Pacelli aveva profetizzato oltre mezzo secolo fa.

 

LA CARTA DEL LAVORO FONDATA SUL VANGELO PORTERÀ GIUSTIZIA E GRANDEZZA

«La dignità del lavoratore sarà concretizzata sola­mente quando si attingerà all'insegnamento evange­lico. .. ».

 

«I cattolici hanno una carta del lavoro che proviene diretta­mente dal Vangelo e dai Padri della Chiesa, una carta sapiente che ha fatto le sue prove... Leone XIII non ha aspettato Lenin per presentare al mondo i bisogni e la grandezza dei lavoratori».

È questo un commento della stampa cattolica, nel tempo in cui la Spagna diventava «una macelleria di preti e di suore», cioè nel 1936.

«Il comunismo», scriveva il cardinale Verdier, «è nato dalla dottrina di Marx. Ecco perché l'ateismo, il materialismo, la vio­lenza, il ripudio della carità... sono aspetti essenziali della vita che il comunismo vuole instaurare».

Il cardinale Pacelli, parlando con alcuni collaboratori, senza fare riferimenti alla politica sociale del tempo, disse che: ««Nel Vangelo troviamo giusti insegnamenti per la redazione di una carta del lavoro capace di dare al lavoratore quella dignità di cui ha diritto...».

E ancora: «Arriverà un tempo in cui a ognuno sarà data la giusta mercede... Arriverà un tempo in cui si parlerà di dignità del lavoratore... Ma la dignità del lavoratore potrà essere con­cretizzata solamente quando si attingerà all'insegnamento evan­gelico».

Questo vaticinio non si è ancora avverato, anche se le condi­zioni di vita dei lavoratori sono sensibilmente migliorate.

Solo l'insegnamento evangelico riuscirà un giorno a risolve­re il secolare conflitto tra il capitale e il lavoro.

E questo, probabilmente, avverrà quando crollerà la seconda «aberrazione disastrosa», cioè il capitalismo che, secondo an­che le parole di Giovanni Paolo II, «... ha fatto male, quanto il collettivismo». Solo allora, l'uomo scoprirà una nuova legge per regolare il rapporto di lavoro e per distribuire giustamente la ricchezza.

 

NESSUNO INCENDIERÀ LE CHIESE DEL MONDO

«Quando il tempo delle persecuzioni sarà finito, il suono delle campane si espanderà più forte di prima».

 

Iaroslavski, il capo del movimento ateo russo, parlando al Cremlino dichiarò che: «... Noi vogliamo incendiare in un vasto mare di fuoco tutte le chiese del mondo... Il nostro movimento è diventato una enorme potenza che estirperà ogni sentimento religioso... La nostra opera minerà le fondamenta del vecchio mondo. I servi di tutte le confessioni devono sapere che nessun dio, nessun santo, nessuna preghiera potrà salvare il mondo oc­cidentale».

Il cardinale Pacelli, in più occasioni manifestò il suo chiaro, schietto pensiero sulla propaganda ateista. «Il comunismo», di­chiarò, «aggredisce la chiesa cattolica perché è la più pura e la più forte rocca della fede in Dio... Il comunismo pertanto com­batte la religione, il cristianesimo perché lo considera un osta­colo dominante al materialismo, che vuole conquistare le mas­se...».

In altre occasioni, con lucidità profetica, disse che: «... Nes­suno incendierà le chiese del mondo perché la fede è indispen­sabile, quanto l'aria... La Chiesa e la fede resisteranno all'urto delle dottrine materialiste; e, quando il tempo delle persecuzio­ni sarà finito, il suono delle campane si espanderà più forte di prima...».

Il programma di Iaroslavski naufragò nel giro di pochi anni e, come aveva previsto il futuro Pontefice, «il suono delle cam­pane finì per espandersi più forte di prima».

E un vaticinio che si sta avverando in questi nostri tempi. Ve­diamo difatti che, dopo il crollo dell'Unione Sovietica, le chie­se riaprono le porte ai fedeli.

E passato mezzo secolo, ma la fede - come aveva profetizza­to il cardinale Pacelli - «rimane sempre indispensabile, quanto l'aria». E questo anche per l'ex Unione Sovietica.