R. BASCHERA - Armenia

 

Le rivelazioni di Gesù al pontefice sul futuro dell'umanità

 

LE PROFEZIE DI PIO XII

 

 

Errando va la pace.(II°)

 

 

 

Quell'odio implacabile è foriero di tempeste e catastrofi

«Arriverà giorno in cui l'impero sovietico si sgre­tolerà come una vecchia pietra...».

 

Siamo nel 1936. Dal Cremlino, il comitato esecutivo dei So­viet e l'Intemazionale Comunista lanciano parole di odio contro l'Occidente e, in particolare contro la Chiesa Cattolica.

Il vessillo rosso sventola minaccioso dinanzi al mondo e la stampa clandestina assicura che «la nuova civiltà avrà uno svi­luppo all'ombra della falce e del martello».

Il cardinale Pacelli viene portato a conoscenza «delle turpi barbarie, dei delitti innominabili» che si compiono ogni giorno sul suolo della martoriata Russia. E, mentre il pontefice Pio XI «condanna apertamente il bolscevismo», il suo Segretario di Stato commenta le parole del Pontefice con un velato tono pro­fetico: «... Quell'odio implacabile è foriero di tempeste e di catastrofi... L'Unione Sovietica sta seminando l'odio, e sarà travolta e annientata dallo stesso odio che semina... Arriverà un giorno in cui l'impero sovietico si sgretolerà, come una vecchia pietra. Solo allora la Russia ritornerà a vivere con di­gnità; solo allora ognuno potrà professare la sua fede; solo al­lora la famiglia e la società ritroveranno la loro giusta, naturale collocazione».

E ancora: «I governi di tutte le nazioni occidentali devono aprire gli occhi e nella triste visione di un avvenire fosco... de­vono affrontare la realtà con coraggio».

Il cardinale Pacelli pronunciò questa frase poco tempo prima di partire per gli Stati Uniti d'America. E venne ripresa anche dalla stampa americana, che accolse il delegato pontificio con grande entusiasmo e devozione; tributando gli onori che si de­vono a un «messaggero di pace».

 

 

Preghiamo per la Germania... per la sua unità

«II nostro futuro, il futuro della Germania soprat­tutto, non sarà facile. Preghiamo per la pace... per l'unità della Germania».

 

Il vaticinio è del dicembre 1929. Nel salone centrale della Kroll Oper, durante una serata d'onore offerta dalla nobiltà cat­tolica di Berlino, il Nunzio Apostolico Eugenio Pacelli annun­ciò che la sua missione in Germania era finita.

Il 9 dicembre si congedò dal presidente Hindenburg. E questi ebbe parole di viva riconoscenza per l'opera che il vescovo Pa­celli aveva svolto in Germania.

Il giorno seguente celebrò l'ultima messa nella sua cappella privata, al termine della quale s'intrattenne con gli amici e i collaboratori.

«Così è la vita!» esclamò il Nunzio Apostolico. «... È una se­parazione continua». Poi aggiunse: «Preghiamo per la Germa­nia, per la sua unità».

Le persone che erano presenti si guardarono reciprocamente, nella speranza di trovare una spiegazione a queste parole.

Il giorno seguente, il vescovo Pacelli partiva dalla stazione di Aunhalt alla volta di Roma. E durante il Concistoro del 16 di­cembre veniva nominato cardinale.

In altre occasioni il presule invitò a pregare «per l'unione della Germania», quando la Germania era «un blocco unico, compatto, potente». Ma in queste parole si celava la preveggen­za sul futuro della Germania, quando, dopo l'ultimo conflitto mondiale, venne divisa in quattro parti, dalle nazioni vincitrici.

Nell'estate 1945, quasi per «concludere» questo vaticinio, Pio XII disse: «Ora, più che mai, è giunto il momento di prega­re per l'unione della Germania... Per la sua ricostruzione, per­ché il suo cuore ritorni a battere in Europa.

E quarantanni dopo, il cuore della Germania ritornò a batte­re in Europa.

 

 

HO LA SENSAZIONE CHE NON ANDRÒ IN SVIZZERA

«Mi piacerebbe andare a trascorrere qualche gior­no di riposo in Svìzzera, ma ho la netta sensazione che questo mio desiderio non sarà realizzato. Affidia­moci alla volontà di Dìo... ».

 

Il 10 febbraio 1939 muore Pio XI, e il cardinale Pacelli assu­me la funzione di Camerlengo di Santa Romana Chiesa. Il com­pito di organizzare tutte le cerimonie inerenti i funerali del pon­tefice e l'apertura del Conclave non era certamente leggero.

Se poi si considera anche il clima politico del momento, si può ben immaginare la fatica e la tensione alla quale veniva sottoposto il cardinale Pacelli.

La stampa fascista e nazista, nell'elencare i papabili, esclu­deva regolarmente Pacelli. Ciano aveva manifestato apertamen­te il desiderio del duce di escludere dalla rosa dei papabili il no­me di Pacelli. E il giornale di Farinacci Regime fascista scrive­va che: «... si sta congiurando per eleggere un papa politico; e questo finirà per provocare uno scisma». Das Schwarze Korps, il giornale delle S.S., era ancora più pesante: «II cardinale Pa­celli» scriveva, «non può essere eletto».

Al fine di assicurare al cardinale Pacelli un periodo di riposo in Svizzera, dopo le fatiche e le amarezze di quei giorni, i suoi diretti collaboratori si misero in contatto con un convento sviz­zero per preparare al cardinale una adeguata accoglienza. Il car­dinale Pacelli, messo al corrente dell'iniziativa, ringraziò e dis­se: «Mi piacerebbe andare, ma ho la netta sensazione che que­sto mio desiderio non potrà essere realizzato».

Era una premonizione. Pochi giorni dopo il cardinale Pacelli venne eletto Pontefice. E il desiderio di trascorrere qualche giorno di riposo in Svizzera non fu possibile realizzarlo.

 

 

La quarta rosa è di color viola

«... Porterò queste tre rose al pontefice... C'è una quarta rosa che gli occhi non vedono: ha il colore del­la settimana santa e rappresenta il nostro domani».

 

Prima che il cardinale Pacelli lasciasse Roma per rappresen­tare la Santa Sede al Congresso Eucaristico in Francia, Pio XI pregò il suo stretto collaboratore di portargli da Lisieux tre rose, che avrebbero simboleggiato tre grazie speciali.

Siamo nel luglio 1937. La situazione internazionale è preca­ria. La Germania nazista ha da poco inviato nella zona della Renania, confinante con la Francia, forti contingenti militari. In Italia si stava diffondendo «la febbre dell'impero», mentre in Russia si attuavano le purghe staliniane.

A Lisieux, il cardinale Pacelli inaugurò l'imponente tempio dedicato a santa Teresa del Bambino Gesù, poi andò nel mona­stero a visitare la sorella della Santa. In seguito andò a Parigi e durante il pontificale a Nòtre Dame pronunciò un discorso dai contenuti profetici. Si soffermò a considerare «le fosche nubi che apparivano all'orizzonte» e invitò a pregare affinchè «le forze del male non avessero il predominio».

Prima di lasciare la Francia, secondo il desiderio del Pontefi­ce, i cattolici di Lisieux gli fecero pervenire tre rose.

Il cardinale Pacelli le osservò. «Sono bellissime», disse. Poi il suo volto si velò di tristezza. E aggiunse: «C'è una quarta ro­sa che i vostri occhi non vedono: ha il colore della settimana santa e simboleggia il domani dell'umanità».

La profezia stava per avverarsi. Due anni dopo, la Germania scatenava il secondo conflitto mondiale. Era l'inizio di una «lunga settimana di passione».

 

 

/ Kennedy lasceranno un segno

«Nella storia degli Stati Uniti, la famiglia Kennedy lascerà un segno. Gloria, dolore e mistero s'intrecce­ranno nella stessa corona».

 

Nel 1936 il Segretario di Stato Eugenio Pacelli venne inviato a visitare gli Stati Uniti d'America. Fu il pontefice Pio XI a prendere questa decisione, «scegliendo la persona giusta».

E così, l'8 ottobre, la radio e la stampa diffusero la notizia che il cardinale Pacelli si era imbarcato sul transatlantico «Con­te di Savoia» diretto negli Stati Uniti. Durante la sua breve per­manenza «nelle terre d'oltre oceano» ebbe tre incontri, sui quali polarizzò l'attenzione la stampa mondiale.

A Chicago incontrò il cardinale Mundelein, di origine tede­sca, con il quale ebbe uno scambio d'informazioni sulla perse­cuzione della Chiesa in Germania.

Alcuni giorni dopo, incontrò il presidente Roosevelt, nella residenza di campagna di Hyde Park. Roosevelt era stato rielet­to da pochi giorni alla presidenza degli USA e aveva espresso il desiderio di trattare con il rappresentante della Santa Sede so­prattutto due argomenti: il nazismo e il comunismo.

Nel pomeriggio, venne organizzato anche un incontro nella casa del finanziere Joseph Patrick Kennedy, sostenitore di Roo­sevelt.

Il presule conversò a lungo con il capofamiglia, con John, con Robert e con il piccolo Edward. I giornali del luogo disse­ro che «la famiglia Kennedy ha avuto una benedizione parti­colare».

E, rientrando in Italia, il cardinale Pacelli, disse che «la fami­glia Kennedy avrebbe certamente lasciato una traccia nella sto­ria degli Stati Uniti d'America... Ma la gloria, il dolore e il mi­stero si sarebbero intrecciati nella stessa corona».

 

 

Potrebbe essere un segno. ..

«Le sette stelle illumineranno il mio cammino...».

 

Benedetto XV consacrò don Eugenio Pacelli vescovo di Sar­di il 13 maggio 1917. In quell'occasione, un parente che parte­cipava alla cerimonia fece notare alle altre persone che Sardi è una delle sette chiese dell'Apocalisse.

Monsignor Pacelli sorrise e disse: «Potrebbe essere un se­gno...». E in queste parole c'è, forse, la premonizione alla futu­ra successione al soglio di Pietro.

Si può parlare di premonizione perché il festeggiato, ricor­dando la città di Sardi - oggi Sert -, collocata sulle grandi vie di comunicazione tra l'Egeo e le regioni mesopotamiche e iraniche, sottolineava l'importanza della comunità cristiana che si era insediata in questa città dell'Asia Minore.

C'era un'impronta carismatica in questa comunità, che tra­spare anche nel messaggio dell'Apocalisse.

Nella lettera di Giovanni si ricordano difatti i sette spiriti di Dio e le sette stelle. E poi si ricordano «le vesti bianche», sim­bolo di vittoria.

Il cavallo bianco è difatti il simbolo del vincitore, di Cristo.

Il messaggio pertanto (secondo un giornale cattolico del tem­po) andava letto così: «Tu sei chiamato a lottare, ma uscirai vincitore, perché sarai guidato dalla luce divina». Il riferimento riguarda i sette spiriti di Dio e le sette stelle di cui si parla nel­l'Apocalisse.

E così avvenne. Ventidue anni dopo, monsignor Pacelli ven­ne eletto Pontefice.

Guidò la «nave di Pietro» attraverso «una tragica procella», dovendo fronteggiare da una parte il nazismo e dall'altra il co­munismo ateo.

Ma, com'era stato profetizzato, ne uscì vincitore.