R. BASCHERA - Armenia
Le rivelazioni di Gesù al pontefice sul futuro dell'umanità
LE PROFEZIE DI PIO XII
Il tempo della ricostruzione 3°
Dalla civiltà della bestemmia alla civiltà della preghiera
«Prima di approdare alla pace, alla serenità, alla semplicità della vita cristiana, dovremo attraversare un deserto...».
«Dovremo attraversare il deserto della bestemmia, per arrivare all'oasi della preghiera, della pace... Non sarà un viaggio facile, perché le tentazioni saranno molte; ma quando l'uomo capirà che nessun bene materiale può sostituire la pace interiore, la serenità, la semplicità di una vita cristiana, ritornerà sulla strada dei padri...».
Sono parole pronunciate dal Pontefice all'inizio del 1948, quando il «deserto del consumismo» non si conosceva ancora, ma «i seminatori di questo veleno» erano pronti per scendere in campo.
Pio XII aveva una visione nitida di quelli che sarebbero stati i frutti del consumismo. E «vedeva» anche il crollo della morale, i conflitti, le agitazioni e la diffusa angoscia che avrebbe portato «l'abbondanza dei beni materiali».
Oggi sembra di scorgere, seppur in lontananza, l'oasi di una nuova civiltà: la civiltà della preghiera, profetizzata da Pio XII. La nuova generazione riscoprirà la bellezza, «la preziosità», della vita semplice.
Anche la Chiesa sta scoprendo questo vaticinio di Pio XII. E, seppur con notevole ritardo, inizia a prendere le debite distanze dal consumismo. Sentiamo difatti levarsi da diversi pulpiti aperte condanne «al delirio di consumare per il piacere di consumare».
Ne è un esempio il vescovo di Cefalù (Palermo) che condannò apertamente la pubblicità, definendola «l'oppio dei poveri». E questo perché finisce per condizionare le persone, per suggestionarle, per costringerle ad acquistare molte cose, di cui spesso non hanno bisogno.
È un'azione «demoniaca», perché finisce per costringere soprattutto le persone più povere, più ingenue, a fare dei sacrifici, per aumentare i profitti degli speculatori.
Sarà necessario però ancora del tempo, prima che la civiltà della preghiera possa trionfare sulla civiltà della bestemmia.
Il silenzio sarà più prezioso del pane
«II pluralismo informativo supererà i limiti di ogni logica previsione, creando confusione, disordine e reazioni sociali...».
«La radio, ma soprattutto la televisione... i giornali, sono mezzi meravigliosi, che vanno però usati con saggezza... I tempi futuri vedranno certamente l'abuso di questi mezzi e, di conseguenza, sarà necessario fare il digiuno quaresimale anche per l'informazione...».
Sono riflessioni profetiche di Pio XII, che risalgono al tempo in cui la sofferenza l'aveva ulteriormente staccato dalle cose terrene, ponendolo «in una dimensione carismatica».
Nello stesso periodo, cioè nel 1957, il Pontefice, parlando a un gruppo di aclisti disse anche che: «L'uomo non ha bisogno solamente di pane, di lavoro e di giustizia, ma anche di silenzio, di riflessione, di meditazione, di preghiera... E il silenzio, in un tempo non lontano, diverrà più prezioso del pane, perché il pluralismo informativo supererà i limiti di ogni logica previsione, creando confusione, disordine e tensioni sociali».
E ancora: «La televisione diventerà un bene prezioso, ma si correrà il pericolo di rendere l'uomo teledipendente... sarà il rapporto umano a farne le spese, perché l'uomo finirà per impostare un tipo di dialogo con il televisore. E questo porterà l'uomo all'isolamento, alla solitudine, all'angoscia, al disagio sociale...».
Sono preveggenze che recentemente Giovanni Paolo II ha fatto saggiamente riemergere, invitando per la quaresima anche al digiuno televisivo, per la buona salute intellettuale e spirituale di tutti. «I mezzi d'informazione», ha dichiarato ancora Giovanni Paolo II «sono d'indiscussa utilità, ma non debbono farla da padroni».
Non devono, in altre parole, condizionare la vita, compromettendo i veri rapporti umani.
Sono parole giuste. Ma questa preoccupante realtà era già stata profetizzata da un Pontefice ispirato, quarant'anni prima.
Un giorno sarà condannato dal mondo intero
«II comunismo è un errore storico: verrà giorno in cui sarà condannato da tutto il mondo».
Il 14 luglio 1949 il Sant'Uffizio promulgò il famoso decreto di scomunica del comunismo.
I commenti furono molto diversi. Lo storico E.E. Hales definì tale provvedimento «un tentativo per difendere l'Occidente dall'Oriente».
II cardinale Suhard, arcivescovo di Parigi, morto un mese prima della pubblicazione del decreto, lasciò tra le sue carte una osservazione: «Non si conquistano le anime scomunicandole».
Un sondaggio condotto un mese dopo nell'Europa centrale evidenziò una situazione che alcuni definirono «inquietante»: circa un terzo del clero non condivideva la scomunica. Pio XII non aveva invece dubbi. Nei primi giorni di dicembre 1949 dichiarò che: «L'Unione Sovietica avrebbe finito per frantumarsi, mentre il comunismo sarebbe stato condannato da tutto il mondo».
La prima parte del messaggio profetico si è ormai avverata. Ora rimane la seconda parte, cioè la condanna del comunismo, da parte di tutto il mondo, come è avvenuto per il nazismo.
E interessante notare che ci sono altri messaggi profetici che prevedono l'evento, il trionfo e il crollo del comunisno. In uno di questi messaggi, scritto in Francia nella metà dell'Ottocento, si dice che: «Sorgerà a levante una stella rossa che insanguinerà per più di mezzo secolo il mondo; ma alla fine si spegnerà miseramente e la sua luce sarà ricordata con orrore».
Le imposte diventeranno eccessive
«È ingiustizia gravare sulle famiglie con imposte eccessive, costringendole a sacrifici spesso pesanti...».
«La macchina dello Stato finirà per gonfiarsi al punto tale da assorbire gran parte dei redditi... Le imposte diventeranno eccessive, costringendo molti nuclei familiari a sacrifici... Questa sarà un'ingiustizia, anche perché alle imposte non corrisponderanno adeguati servizi».
Sono parole pronunciate dal Pontefice nel 1956, durante un incontro con un gruppo di politici e amministratori pubblici del Lazio.
La preoccupazione per l'ingiustizia fiscale che si sta delineando all'orizzonte è già presente in alcune encicliche di Leone XIII. Soprattutto nella Rerum Novarum emerge questa preoccupazione: «... la proprietà privata non venga oppressa da imposte eccessive. Siccome il diritto della proprietà privata deriva non da una legge umana, ma da quella naturale, lo Stato non può annientarlo, ma solamente temperarne l'uso e armonizzarlo col bene comune. È ingiustizia e inumanità esigere dai privati più del dovere sotto pretesto d'imposte».
Sono parole scritte nel 1891, ma sono valide ancor oggi. Pio XII le riprese in più occasioni, pur essendo nel 1956 le imposte «ancora accettabili». Ma il Pontefice sapeva vedere oltre il suo tempo.
E capiva che si sarebbe arrivati «all'ingiustizia e all'inumanità fiscale».
Considerando il messaggio di Leone XIII, bisogna dire che non è cambiato nulla: ieri c'era la tassa sul macinato, che doveva essere pagata anche da chi non coltivava il grano; oggi c'è la tassa sui rifiuti, che dev'essere pagata anche da chi non produce i rifiuti.
Pio XII sentiva che «la nuova struttura burocratica e politica avrebbe finito per dissanguare i cittadini».
E, forse, aveva anche sentito il disagio, il malumore del popolo... che avrebbe potuto sconfinare in «rivolte fiscali».
Ciò che sta avvenendo ai nostri giorni.
Le manipolazioni genetiche turberanno l'ordine naturale
«Non si sfamerà il mondo con gli ibridi vegetali che ci darà la scienza».
Negli anni Cinquanta, giungevano dagli Stati Uniti d'America notizie scientifiche che la stampa italiana giudicava «incredibili», «sconvolgenti», «eccezionali».
Si trattava dei primi passi verso la manipolazione genetica. Molti concordavano nel dire che «si aprivano per la scienza orizzonti esaltanti».
Si partiva dalla manipolazione genetica vegetale, per poi arrivare a quella animale. E la conclusione scientifica era entusiasmante, perché «si potevano ottenere nuove piante, attraverso le quali si sarebbe riusciti a sfamare il mondo intero».
Ma Pio XII era scettico: «Le manipolazioni genetiche», dichiarò in più occasioni il Pontefice «turberanno l'ordine naturale e certamente non sfameranno il mondo...».
Ma gli scienziati americani non ascoltavano certamente le parole del Pontefice. La loro unica preoccupazione era quella di proseguire nella ricerca dell'ingegneria genetica, attraverso la quale ottennero il primo ibrido, trasferendo un gene da una pianta di fagiolo a una di girasole.
Molti gridarono «alla vittoria». E battezzarono l'ibrido con il nome di sunbean, (dalla fusione delle parole bean e sunflower), che in Italia venne tradotto «giragiolo».
La conquista scientifica venne accolta, soprattutto a Washington, con grande entusiasmo.
Gli scienziati dichiararono che «si era solamente all'inizio delle manipolazioni genetiche e che si sarebbero ottenuti nuovi prodotti alimentari, fortificando le piante che sarebbero state in grado di fruttificare anche due volte all'anno».
Si era insomma arrivati a una vera e propria rivoluzione, nel campo dell'agricoltura.
Pio XII non condivideva gli entusiasmi. La sua capacità di vedere «nel profondo» lo convinceva che la manipolazione genetica era contro l'ordine naturale.
E aveva ragione!