Tratto
da : LA VITA DOPO LA MORTE
Autore : PIERRE VIGNE
De Vecchi
editore
LA MORTE, QUESTA BELLA
SCONOSCIUTA
UNA CALMA STRAORDINARIA
ALL’AVVICINARSI DELLA MORTE
Nel secolo scorso un geologo svizzero-tedesco,
assai cono�sciuto per i suoi studi sulla formazione delle montagne ed esperto
alpinista, fu vittima di una caduta durante una sca�lata sulle Alpi: la roccia
su cui aveva piantato la piccozza im�provvisamente cedette. L’incidente fu di
brevissima durata, ma quei pochi attimi avrebbero radicalmente cambiato l’esi�stenza
dello scienziato.
Albert Heim tent� con ogni mezzo di lottare
contro l’ineluttabile, contro quello che sembrava essere ormai il suo destino:
la morte. Ma, improvvisamente, accadde qualcosa di veramente sorprendente: come
in un lam�po, lo sfortunato alpinista, che gli eventi sembravano trasci�nare
inesorabilmente verso la morte, rivisse i principali av�venimenti della sua vita
e contemporaneamente si sent� inva�dere da una sensazione di profondo e
indescrivibile benesse�re, quasi una sorta di estasi.
Vediamo come lo stesso Heim racconta la sua
avventura: “Al�l’inizio della caduta, cosciente che stavo per essere proietta�to
nel vuoto, tentai di prepararmi all’inevitabile urto. Le mie dita si
contrassero e, nel disperato tentativo di rallentare la caduta, graffiarono la
neve. Sebbene l’estremit� delle dita fos�se ormai sanguinante, non provai la
minima sensazione di dolore (...). Mi sentii invadere da un flusso di
pensieri. Ci� che allora provai in cinque o dieci secondi non potrei descri�verlo
ora neppure in un lasso di tempo dieci volte maggiore. Quelle visioni
potrebbero essere paragonabili a un sogno, tut�tavia posso affermare che i miei
pensieri, in quel momento, erano nitidi e precisi. Esaminai dapprima le
differenti solu�zioni che mi si offrivano e mi dissi che la roccia, sulla quale
non avrei tardato a sfracellarmi, cadeva sicuramente a pic�co, dal momento che
non ne avevo visto il fondo. La mia sorte dipendeva unicamente dall’eventuale
presenza di neve che avrebbe potuto attutire l’urto: questa era la mia unica
possibilit� di salvezza. Davo per certo che, in assenza di ne�ve e a quella
velocit�, mi sarei schiantato sulle rocce senza alcuna possibilit� di
sopravvivenza (...). I pensieri e le idee che mi
affollarono la mente negli attimi immediatamente se�guenti riguardarono gli
altri membri della spedizione. Dove�vo avvertire i miei compagni (...). Subito dopo, pensai che mi sarebbe stato impossibile tenere la
conferenza inaugurate all’universit� (...). Cercai anche di immaginare la reazione
dei miei familiari alla notizia della mia morte e tentai men�talmente di
consolarli. Poi rividi le tappe principati della mia esistenza in un
susseguirsi di immagini, come uno spettacolo che si svolge sulla scena, una
rappresentazione in cui inter�pretavo il ruolo del protagonista. Ogni cosa mi
apparve tra�sfigurata da una luce celeste, tutto era bello, senza angoscia n�
dolore. Mi riaffiorarono alla mente tutte le esperienze tra�giche o spiacevoli
che avevo vissuto, ma senza provare n� tri�stezza, n� amarezza. Un profondo
sentimento di amore sem�brava annullare i conflitti che mi avevano assillato
durante la vita; dei pensieri puri e armoniosi dominavano e univano le singole
immagini. Una maestosa melodia e una calma di�vina inondarono la mia anima. Mi
libravo in uno splendido cielo blu, cosparso di delicate nubi rosa e viola.
Sprofonda�vo dolcemente in questo universo privo di dolore (....).“
L’incidente non fu mortale. Heim ebbe una
straordinaria for�tuna e riport� solo qualche frattura. Una volta dichiarato
fuo�ri pericolo e superato lo choc, lo studioso decise di fare teso�ro di quella
stupefacente esperienza che anche altri, indub�biamente, avevano vissuto quando
si erano trovati in circo�stanze analoghe. Heim decise di interessarsi a ci�
che avvie�ne esattamente in quegli attimi tanto brevi quanto decisivi. Inizi�
cos� una lunga e approfondita ricerca sulle esperienze di una trentina di
alpinisti vittime di incidenti che si sarebbe�ro potuti rivelare mortali e
constat�, dopo aver raccolto le diverse testimonianze, che i “sopravvissuti”
avevano sfiora�to la morte non in uno stato di angoscia, come si crede co�munemente,
bens� immersi in una assoluta sensazione di gioia. Nel libro in cui Heim
racconta la sua avventura e riporta i risultati della sua ricerca, si parla di
uno “stato di trasfigu�razione”, di una “sensazione di pace”, ecc.
Tutte le testimonianze raccolte confermano la
sua personale esperienza: colui che sfiora la morte conosce un
‘incompara�bile sensazione di pace, una gioia da cui risulta difficile se�pararsi
per tornare alla vita.
LE CONFERME DELLA BIOCHIMICA
In base a questi resoconti la morte cessava di
rappresentare un paese mostruoso, un universo infernale o, pi� semplice�mente,
il nulla, ma si trasformava in una bella sconosciuta da cui si era
deliziosamente attratti e che era assai spiacevole abbandonare. Tutti gli
individui interpellati evocarono uno stato molto simile a quello sperimentato
dagli yogi durante la cosiddetta “meditazione trascendentale” e, recentemen�te,
i risultati delle ricerche sui processi biochimici del cervel�lo umano hanno
confermato le affermazioni di Heim. Uno scienziato sovietico, Negowski,
individua tre stadi nel processo della morte che corrispondono perfettamente a
quelli descritti dall’alpinista: la fase di resistenza di fronte all’ine�vitabile,
in cui la vittima tenta disperatamente di reagire; il ritorno al passato in cui
si ripercorrono le principali tappe dell’esistenza; infine, la morte. In base
agli studi condotti sul�l’esperienza della morte, si � scoperto che nel secondo
stadio il cervello emette delle onde beta, proprio come avviene nel�la
meditazione trascendentale, e che l’attimo della morte ve�ra e propria
corrisponde all’ineffabile senso di gioia di cui si � parlato in precedenza.
Soffermiamoci in particolare su questo fatto: il momento della morte clinica,
ossia della morte rilevata scientificamente,’ � quello che corrisponde alla
“gioia ineffabile”, all’incomparabile senso di pace, alla su�prema armonia
descritti dagli alpinisti. Questa sensazione di singolare benessere potrebbe
costituire una prova irrefutabi�le della sopravvivenza che attende l’individuo
oltre le barrie�re della vita e starebbe a dimostrare che colui il quale attra�versa
il buco nero della morte non si dissolve, non scompare per l’eternit�, ma �
destinato a una nuova vita.
Continua….