Tratto da :   LA VITA DOPO LA MORTE

Autore     :   PIERRE VIGNE

                      De Vecchi editore

 

IL SENSO DI QUIETE

E LA CADUTA NEL BUCO NERO

 

CHE COSA ACCADE QUANDO SI MUORE?

 

Cosa significa morire? Da millenni l’umanità continua a porsi questa terribile domanda. La moderna parapsicologia ha pre­ferito entrare nel vivo della questione formulando il proble­ma in questi termini: “che cosa accade quando si muore?” Si arriva facilmente a comprendere l’estrema importanza, ai fini di un’esauriente trattazione dell’argomento, delle cosid­dette “visioni dei morenti” e il valore di una meticolosa opera di raccolta e di analisi dei numerosi casi di morte apparente quali possono essere quella precedentemente menzionata di Moody o, ancora prima, quella condotta dal geologo svizze­ro Albert Heim.

E d’obbligo, prima di iniziare la trattazione vera e propria, fornire un chiarimento circa una scelta di ordine puramente lessicale. È meglio parlare di “esperienza” o di “visione”? Gli studiosi americani eludono la questione parlando di “espe­rienze in prossimità della morte”. La definizione “Near Death Experiences” risulta essere elegante, ma del tutto inadegua­ta. Lo stesso Moody precisa che la maggioranza dei casi ana­lizzati riguarda soggetti dichiarati clinicamente morti. Non è dunque esatto parlare di “prossimità della morte”, in quanto il decesso è stato scientificamente rilevato. La scelta di un termine piuttosto che dell’altro dipende esclusivamente dalla posizione del locutore: un osservatore esterno si esprime­rà più frequentemente in termine di “visione”, mentre un in­dividuo, che ha sperimentato il viaggio nell’aldilà facendone poi ritorno, potrà parlare solo di “esperienza”.

È possibile suddividere le esperienze di pre-morte in tre cate­gorie.

1. Le esperienze vissute da persone dichiarate clinicamente morte e in seguito ritornate miracolosamente alla vita, in alcuni casi grazie alle tecniche di rianimazione.

2. Le esperienze vissute da persone che hanno sfiorato la morte in seguito a incidenti stradali o sul lavoro, a gravi ferite, ecc.

3. Le esperienze di persone che, in punto di morte, sono riu­scite a raccontare a quelli che le assistevano quanto sta­vano provando durante il difficile passaggio all’aldilà.

Appare evidente che le esperienze che rientrano nel primo pun­to sono quelle più spettacolari, più ricche di descrizioni e di particolari e anche più probanti. Esse consentono di fornire una risposta semplice e chiara alla domanda che tutti ci po­niamo. L’importante non è tanto sapere che cosa sia la mor­te, quanto piuttosto essere a conoscenza delle trasformazio­ni che ci attendono una volta abbandonate le nostre sembianze terrene.

Gli altri due tipi di esperienze, pur essendo meno sensazio­nali e convincenti l’individuo non è ancora penetrato nel mondo della morte, ma si trova all’estremo confine tra la vi­ta e la morte risultano comunque interessanti e istruttive, essendo la evidente dimostrazione che vita e morte sono le­gate da un rapporto di continuità, oltre che di contiguità. Si potrebbe più semplicemente affermare che la morte è un’al­tra vita, nuova e diversa rispetto a quella fisica. Una forma di vita misteriosa, inedita, sconosciuta, ma non per questo meno reale, concreta e intensa. A questo proposito, il titolo scelto da Moody, La vita oltre la vita, vuole chiaramente espri­mere la convinzione che “morire non significa morire”, bensì accedere a una forma di vita superiore...

Incidenti stradali, cadute avvenute durante una scalata, ope­razioni chirurgiche particolarmente complesse, crisi cardia­che, ferite riportate in guerra: tutte le testimonianze raccolte concordano nel parlare di un senso di quiete e di pace, di un rumore di una certa intensità e di una caduta in una galleria buia. Subito dopo avvengono il distacco dal corpo fisico, l’in­contro con l’essere di luce e il riepilogo della propria vita. È questo l’ordine logico in cui si succedono le varie tappe del viaggio ed è anche quello più frequentemente riferito. Ma non sempre le cose si svolgono in questo modo. Heim, per esempio, afferma di non aver avuto sensazioni uditive e dice di aver abbandonato il suo corpo solo dopo aver rivissuto la sua vita. Inoltre, nel caso dell’alpinista, non si è verificato l’incontro con l’essere di luce. Le ipotesi sono due: alcuni fe­nomeni sono stati dimenticati oppure Heim non ha varcato le frontiere della morte. Riteniamo che la seconda ipotesi sia quella vera. Il mondo dell’aldilà è incommensurabile e come tale è impossibile esplorarlo interamente. Ciascun esplora­tore non ne visita che una minima parte e ciò spiegherebbe l’impossibilità di stabilire un ordine assoluto in base alle mol­teplici testimonianze.

 

 

IL VIAGGIO

 

Il senso di quiete e di pace rappresenta il primo momento della morte. Si direbbe che, per accedere all’aldilà, sia indi­spensabile purificarsi dalle preoccupazioni e dalle angosce che inevitabilmente accompagnano ogni essere umano.

“Al momento dell’incidente racconta un sopravvissuto, provai un dolore violento, insopportabile. Poi, improvvi­samente, il dolore scomparve. Ebbi allora la piacevole sen­sazione, incredibile ma vera, di essere sospeso in aria e più precisamente in uno spazio buio. Quel giorno faceva molto freddo. Eppure, mentre mi trovavo in quel luogo, avvertivo solo un dolce tepore e un immenso benessere, come non ave­vo mai provato prima. Ricordo anche di aver pensato: Devo essere morto.”

E una donna, miracolosamente ricondotta alla vita dopo una crisi cardiaca, racconta: “Le sensazioni che cominciavo a pro­vare erano molto piacevoli. Pace, sollievo, benessere e un’im­mensa calma. Tutte le mie preoccupazioni erano sparite. Era bello, mi sentivo in pace con me stessa. Ero morta e non pro­vavo alcun dolore.”

Immediatamente prima o immediatamente dopo questo sen­so di pace e di intima quiete o in alcuni casi, contempora­neamente, molte persone affermano di aver udito un rumo­re. Talvolta ne parlano come di un forte rombo di motore, ma si tratta perlopiù di un suono gradevole: un rintocco di campane udito in lontananza, per esempio, oppure “una bel­lissima e maestosa melodia”. Parallelamente al suono, l’in­dividuo ha la sensazione di cadere in una galleria buia de­scritta, a seconda delle testimonianze, come una caverna, un pozzo senza fondo, una valle, un cilindro. Ed è in questo “bu­co nero” che ha inizio il viaggio nell’aldilà.

Ecco un altro racconto: “Ebbi un arresto cardiaco dovuto a una reazione allergica all’anestesia. Accadde allora qual­cosa di stupefacente: viaggiavo in un buco nero a una velo­cità pazzesca. Lo si potrebbe paragonare a una lunga galle­ria buia. Era come se fossi lanciato a una velocità vertigino­sa sulle montagne russe che si vedono nei luna-park.” Un’altra persona salvata da un arresto cardiaco dice: “Ebbi la netta sensazione di muovermi lungo una valle profonda e scura”. Un’altra ancora “morì” più volte in seguito a un gravissimo incidente: “Sono rimasto in corna per una settimana. Poi, improvvisamente, sono caduto a una velocità impressionan­te in un vuoto buio. Restai là a lungo, sospeso nello spazio. Quel vuoto mi assorbiva e mi affascinava a tal punto da non riuscire a pensare più a nulla”. Ed ecco la testimonianza di una donna: “Il medico aveva già fatto entrare mio fratello e mia sorella per un ultimo saluto. L’infermiera mi fece un’i­niezione che avrebbe alleviato le mie sofferenze durante l’a­gonia. Gli oggetti della stanza che mi circondavano comin­ciarono a farsi sempre più distanti. Mentre le cose si allonta­navano, precipitai a testa in giù in una specie di cunicolo an­gusto e molto buio, da cui riuscivo a passare a malapena. E continuai a scivolare sempre più in basso (...).“

Il morente potrebbe così precipitare all’infinito e sparire per sempre, oppure subire il medesimo destino di quegli astri che si contraggono fino al punto di trasformarsi in buchi neri nello spazio. Dei buchi, della materia non vivente ma estremamente densa. Fortunatamente la sorte dell’uomo sembra essere di­versa!

Continua….