Tratto da :   LA VITA DOPO LA MORTE

Autore     :   PIERRE VIGNE

                      De Vecchi editore

 

 

ALTRE INCREDIBILI TESTIMONIANZE

 

 

 

Proseguiamo nella scelta delle testimonianze più interessanti­:

 

Quel mattino, me ne ricorderò sempre, ero in ospedale.

Mi ritrovai improvvisamente immerso in una fitta nebbia e in quello stesso attimo abbandonai il mio corpo. Ebbi la strana ma nitida sensazione di uscire dal corpo, sì, uscivo dal corpo e restavo sospeso a mezz’aria. Ma accadde qualcosa di an­cor più sorprendente: rivolsi lo sguardo verso il basso e mi vidi steso sul letto. Tuttavia non provai paura. Tutto era cal­mo, quasi piacevole. Non ero né sconvolto, né spaventato. Al contrario! Avevo l’impressione di ripristinare uno stato conosciuto in un passato immemorabile, e che non avrei mai dovuto lasciare. Il fatto di essere privato del mio corpo fisi­co mi riconduceva a un’esistenza remota, forse antecedente alla mia nascita (...). Contemporaneamente pensavo che stavo morendo e che, se non fossi rientrato subito nel mio corpo, sarei morto, dileguato nello spazio infinito.”

“È stata un’esperienza davvero insolita. Ci si guarda abitual­mente in uno specchio o in fotografia. Ma, durante il mio viaggio, il mio corpo era lì, davanti ai miei occhi, e potevo osservarlo senza difficoltà, da capo a piedi. Non avrei mai immaginato di essere così... La distanza tra me e il mio cor­po non superava i due metri, ma mi ci volle del tempo prima di capire che quello che stavo guardando ero proprio io. È stato uno choc terribile!...”

 

“L’incidente fu spaventoso. Udii un urlo straziante ed ebbi solo il tempo di scorgere la luce accecante di un faro di ca­mion che sembrava ruggire (è stupido, ma quella fu la mia impressione di allora). Ci fu un urto tremendo e, per alcuni secondi, mi sentii sprofondare in un buco nero, uno spazio stretto, lungo e buio. Tutto si svolse molto rapidamente. (No­nostante la rapidità del fenomeno, il morente ha avuto il tem­po di udire il caratteristico rumore e di passare attraverso il buco nero). Poi sopraggiunse uno stato di totale serenità (la tipica sensazione di benessere) e restai sospeso come una piu­ma, o un foglio di carta, a circa cinque metri da terra. Poi udii l’eco della collisione allontanarsi e svanire. In seguito vidi della gente che accorreva sul luogo dell’incidente e che si accalcava attorno all’auto. La mia compagna, nel frattem­po, ne era uscita in stato di choc e in lacrime. Vedevo il mio corpo tra i rottami, con le gambe fratturate, e le mani di co­loro che tentavano maldestramente di estrarlo dall’auto. C’era sangue ovunque. Sapevo che ero morto, ma il fatto non mi infastidiva. Tutt’altro! Fu solo più tardi, quando dovetti tor­nare, che provai tristezza...”

 

Si potrebbe continuare all’infinito con queste affascinanti te­stimonianze. In base ai resoconti, appare comunque eviden­te che il morente è destinato ad abbandonare il suo corpo fisico. Ma, una volta avvenuto il distacco, che cosa accade? Si rimane privi di consistenza materiale? E da che cosa è for­mato lo spirito? È molto difficile fornire una risposta a si­mili domande, dal momento che questi “viaggiatori” non so­no dei veri esploratori, abituati a osservare lucidamente ciò che li circonda e a riferire fedelmente quanto hanno potuto vedere. È possibile tuttavia, attraverso i loro racconti, farsi un’idea, seppur vaga, delle trasformazioni che avvengono do­po la morte e affermare che le loro testimonianze concorda­no pienamente con quanto ci è stato tramandato dalla tradi­zione. Tutti, infatti, affermano di aver abbandonato le loro vecchie spoglie per “indossare” quasi istantaneamente, un corpo più sottile e anche più irreale di quello fisico. Si tratta forse del “corpo di luce” a cui la tradizione cristiana allude? Il morente, rivestito del corpo spirituale, non ha alcuna pos­sibilità di comunicare con i viventi. Nessuno può udirlo, né tanto meno vederlo, pur volgendo lo sguardo nella sua dire­zione.


Questo corpo è dunque invisibile, immateriale, eppure nes­suno dei testimoni esita a definirlo un “corpo”. Questo sem­bra essere costituito da una materia densa, di natura ignota e dalle proprietà altrettanto sconosciute. Si muove con una rapidità sorprendente, senza il minimo sforzo, ma sembra in­capace di esercitare una seppur minima azione sugli oggetti terreni.

Coloro che sono dediti allo spiritismo ritengono che ciò sia dovuto all’inesperienza del defunto, paragonabile a quella dì un bambino ancora incapace di manipolare gli oggetti. Non ci sono dubbi: i fantasmi esistono e le sedute praticate nella penombra attorno a un medium consentono agli abitanti del­l’aldilà di manifestarsi in modo spettacolare. Occorre infine notare che il corpo spirituale, oltre a essere invisibile, pos­siede la facoltà di attraversare gli oggetti senza incontrare la minima resistenza. Altre due testimonianze ne danno la con­ferma:

 

“Mentre sprofondavo nel coma, le infermiere cominciarono a frizionare energicamente il mio corpo nel tentativo di riat­tivare la circolazione. Ero già morta e non desideravo essere riportata in vita. Gridai loro: ‘Lasciatemi tranquilla, voglio starmene in pace’. Ma nessuno mi sentiva. Tentai invano di afferrare le loro mani per impedire che continuassero. Non ci riuscivo. E tuttavia avevo l’impressione di toccarle. Mi sfor­zavo di respingere quelle mani, ma inutilmente. Dovetti ar­rendermi di fronte all’evidenza, un’incredibile evidenza di cui ancora oggi preferisco non parlare per timore di essere giu­dicata pazza: le mie mani passavano attraverso le loro.”

 

“Dopo il terribile incidente, arrivò molta gente. Osservavo quelle persone dal luogo in cui mi trovavo: ero steso là, sot­to un platano, ed ero morto. Si avvicinarono senza vedermi, evidentemente non potevano. Quando furono vicini a me, feci uno sforzo per spostarmi in modo che potessero passa­re. Ma nessuno se ne preoccupò, tutti passavano attraverso di me. Ero trasparente e nessuno poteva vedermi.”

 

Nel momento in cui si abbandona il corpo fisico, quel vec­chio compagno di ogni giorno, per rivestire il corpo spirituale si varcano le soglie di un universo completamente nuovo. Un paragone, che può fornire solo una vaga idea di ciò che av­viene realmente, è quello di un astronauta che atterri su un pianeta in assenza di gravità... Ci si trova allora in un mon­do strano. La prima sensazione che si prova è quella di un’il­limitata libertà, di una totale assenza di dolore e di preoccu­pazioni. Si ha l’impressione di librarsi in aria, come un uc­cello, o un essere incorporeo e privo di peso. La dimensione temporale non esiste e qualsiasi sforzo appare superfluo. L’in­dividuo sembra essere dotato di uno straordinario potere: i suoi spostamenti nello spazio avvengono a una velocità inim­maginabile, superiore a quella della luce. Può percorrere di­stanze infinite in una frazione di secondo e superare qualsia­si ostacolo. Nulla riesce ad arrestano: né una porta, né un muro. E, malgrado ciò, l’individuo sente di non essere for­mato da puro spirito: il suo corpo spirituale possiede una for­ma ben definita, sferica, simile a una nube, ma, più frequen­temente, ricorda la sagoma di un corpo reale, comune, ba­nale. L’individuo è cosciente dell’esistenza di una dimensio­ne spaziale e conserva la sensazione di trovarsi in un luogo fisico, una sorta di abitacolo. Faremo nuovamente riferimento all’opera di Moody allo scopo di individuarne con la massi­ma precisione le caratteristiche del “corpo sottile”. Gli esempi che seguono sono tratti da La vita oltre la vita.

 

“Nel momento in cui l’auto è uscita di strada racconta la vittima di un incidente stradale mi sono detto: ‘Ecco, un incidente’. Immediatamente, ho smarrito la nozione del tempo e quella della mia realtà fisica. Il mio ‘essere’ viveva e lo sentivo uscire dal mio corpo, dalla mia testa. Non era doloroso, era come qualcosa che si innalzava e restava so­speso sopra di me (...).“

 

Notiamo come sembri in questo ca­so che il morente non abbia conosciuto le varie tappe prece­dentemente descritte: non accenna, infatti, nè alla sensazio­ne di pace, né al viaggio nel buco nero. Se da un lato è possi­bile attribuire questa “contrazione” del classico itinerario a uno choc troppo violento subìto al momento dell’incidente, dall’altro non è neppure esatto affermare che alcuni elemen­ti sono venuti a mancare nel suo resoconto. Malgrado la ra­pida successione degli avvenimenti e la violenza del trauma, il testimone dichiara di non aver provato alcuna sensazione di dolore. Non è forse questo un effetto dello stato di pace abitualmente sperimentato durante il viaggio nell’aldilà? Ma soprattutto è indispensabile sottolineare che l’individuo dice di aver perso la nozione del corpo fisico, il senso dell’esistenza. E tuttavia è cosciente di esistere, ma in una diversa dimen­sione, che oltrepassa quella a cui era abituato in vita.

 

“Il mio essere prosegue il racconto cioè quella parte di me che continuava a vivere, sembrava avere una densità che non era fisica. Come se si fosse trattato di onde o di una specie di corrente elettrica. Non era niente di corporeo, ep­pure era qualcosa. Quando il mio essere ha lasciato il corpo, ho provato una sensazione di benessere e di estrema legge­rezza. Ma la cosa strana è che quel qualcosa che ero io è ri­masto, a un certo punto, sospeso sopra la mia testa. All’ini­zio dell’incidente tutto è accaduto molto in fretta, ma poi, mentre il mio essere era sospeso sopra di me e l’auto stava cadendo nella scarpata, il tempo sembrava essersi improvvi­samente fermato.” Il corpo spirituale, nell’esempio che ab­biamo appena preso in considerazione, rimane sospeso al di sopra della testa del morente.

 

Sembra indugiare, immobile, nell’attesa, e il tempo brusca­mente si arresta: l’individuo è sospeso tra la vita e la morte, come se esitasse a superare un confine o a gettarsi in acqua. Più precisamente è come se l’anima, che ha imboccato la buia galleria, a un certo punto sostasse, indecisa se continuare il

cammino e incerta sulla più giusta direzione da prendere. Vediamo ora una seconda testimonianza:

 

“Era come se uscissi dal corpo ed entrassi in qualcos’altro. Non avevo la sensazione di diventare nulla, ma di avere un altro corpo, diverso da quello normale (...). Non posso de­scrivere questo fatto con le parole di tutti i giorni. Ero trop­po affascinato da quanto mi accadeva intorno e dalla vista del mio corpo fisico per poter analizzare con attenzione il mio nuovo corpo. In ogni caso, tutto si svolgeva molto rapida­mente; il tempo sembrava che non contasse più, o meglio, il tempo scorreva a una velocità inimmaginabile.” In questo caso, dunque, il corpo spirituale si è messo in moto a una velocità paragonabile solo a quella studiata dalla fisica nu­cleare.

 

PIU’ VELOCE DELLA LUCE

 

Ecco un terzo caso:

“C’era molto movimento e gente che correva intorno all’am­bulanza. E ogni volta che guardavo qualcuno chiedendomi che cosa stesse pensando perché ero già uscita dal corpo e potevo vedere tutto……..

Continua…